martedì 2 aprile 2013

Forse solo cinque minuti



La giornata di oggi appare simile a qualsiasi altra, eppure ho preso una decisione che modificherà tutto e, ad esattamente un anno di distanza, mi riporterà al temibile punto di partenza. Non so che significato abbia, non so se è frutto di un’analisi matura o di più vile insofferenza.
So che mi mancheranno i viaggi in metro perché erano tempo che ricavavo per me stessa, in cui rielaboravo i pensieri e la giornata appena trascorsa, coadiuvata dagli sguardi stanchi degli altri passeggeri, dalle pagine lette, dalla musica che fa un po’ bene e un po’ male. Mi mancherà la mia stanza che mi somiglia e che fino all’ultimo è rimasta incompleta (ma forse è proprio nell’incompletezza che mi ritrovo di più. Forse sarò davvero a casa soltanto quando tutte le immagini saranno accuratamente appese alle pareti, le foto incorniciate, i libri troveranno il loro posto). Mi mancherà il senso di appartenenza a qualcosa che aleggiava nell’entusiasmo dei primi tempi e proverò una fitta di mancanza al pensiero di ciò che sarebbe potuto essere e non è stato, un po’ per colpa mia, un po’ perché così doveva andare, semplicemente.


Cerco la Primavera nell’aria e per adesso è nei dettagli piccoli e grandi: nelle margheritine che si offrono coraggiose all’aria fredda aprendo fiduciosamente i loro petali, nei campi di fiori gialli sovrastati da nuvole grigie e nere che promettono ancora pioggia incessante, nel succo di albicocca sorseggiato nel pomeriggio al posto del tè caldo, nelle merende a base di fragole con zucchero e limone e finestre che danno su tetti e cieli un po’ azzurri e un po’ bianchi di nuvole. Tornerò alla mia finestra, ai miei tetti, al mio cielo e magari tutto questo per un po’ basterà.
Un anno fa compariva il primo papavero, oggi c’è ancora da attendere.
Forse ho ancora le forze di aspettare qualche giorno, qualche mese, qualche anno. 
Forse solo cinque minuti.

 


mercoledì 30 maggio 2012

Maggio






Questo maggio è stato così: luminoso e cupo insieme, dilaniante alternarsi tra angosciante attesa e grigia rassegnazione.
A volte risulta quasi impossibile fingere di avere uno scopo e darsi modo di tollerare la realtà.

mercoledì 14 marzo 2012


Ogni tanto me ne dimentico, soprattutto ultimamente, che le occasioni per relazionarsi con l’umanità in ogni sua forma scarseggiano: non solo sono totalmente inadatta al confronto con l’essere umano, ma sono affetta da una (neppure troppo) leggera e particolarissima forma di misantropia. Davvero una combinazione di caratteristiche invidiabile.

Capita che io trascorra giorni, settimane, interi mesi a lamentarmi di non aver praticamente nulla da fare e nessuno con cui uscire. Tuttavia, quando ricevo l’invito fino ad un attimo prima ardentemente sperato, il mio letto comincia inaspettatamente a sembrarmi più confortevole del solito, le pareti della camera più sicure, il libro che sto leggendo più appassionante.
Ma ne varrà davvero la pena? finisco col chiedermi. 
Non sarebbe meglio starsene per conto proprio, rilassarsi, non lasciarsi dilaniare dall’ansia del cosa mi metto, cosa dico, ma se sembro stupida, cosa penserà la gente di me ecc.ecc.? 
Capita che io speri tantissimo che una certa persona mi scriva e che al momento della ricezione del messaggio cuore e sorriso si espandano, voglia di fare aumenti, sole sembri più luminoso. Eppure.
Eppure è difficile che questo si concretizzi nella voglia di rispondere, anzi. 
Rieccola, l’ansia. 
Cosa scrivo, ma avrò scritto troppo, avrò scritto troppo poco, sembrerò idiota, capirà che sto scherzando, e se poi si accolla, e se poi non mi risponde, e se... 
E quindi può capitare anche che io risponda dopo ore e ore, o giorni e giorni, o addirittura che non risponda affatto, perché alla fine mi bastano il messaggio e l’invito per essere serena, non sono davvero necessarie una lunga conversazione o un’intera serata trascorsa insieme. Certo. 
Il problema è che dopo un lasso di tempo non troppo ragionevole (che può andare dalle ventiquattro alle cento ore, indicativamente) gli effetti del messaggio/invito svaniscono, torno a sentirmi inquieta, infelice, ansiosa. Alla gente non è che vada poi tanto di continuare a parlare da sola o ad invitare persone apparentemente disinteressate, eh. Di solito fanno due, al massimo tre tentativi, ma poi si mettono l’anima in pace (questa cosa di mettersi l’anima in pace, ma come si fa? Perché a me non riesce, perché nessuno si è mai premurato di insegnarmela?).
Senza considerare quel difettuccio da niente, per cui sono terrorizzata dalla superficialità ma se qualcuno si avvicina troppo allo scopo di approfondire conoscenza e complicità provo un insano istinto di fuga.
Attualmente sono in piena fase logorante, quella in cui il mondo mi ignora, io faccio finta di ignorare il mondo, ad ogni messaggio ricevuto penso tipregotipregotiprego (scrivere io per prima? - che poi la maggior parte dei casi sono gli altri ad aver scritto per ultimi, per l'appunto, quindi "prima" per modo di dire. In ogni caso GIAMMAI).
L'ansia mi sta divorando.

domenica 11 marzo 2012

Si può contemplare seriamente la possibilità di trasferirsi altrove soltanto per la poesia di una fermata della metro, per l’odore di burro e di dolci appena sformati che ti sorprende mentre passeggi per strada, per una panchina dal legno leggermente rovinato che sembra attendere soltanto te e la lettura di un libro le cui pagine non hanno nulla da invidiare alla realtà?







Chiudo gli occhi e mi immagino differente.

Imparo il significato di serenità. Imparo il francese, imparo a rapportarmi agli altri senza avvertire il consueto senso di inferiorità che limita l’autenticità di ogni mio gesto, imparo ad essere ascoltata, imparo ad amare, imparo ad essere felice. 
Chiudo gli occhi e mi assumo il coraggio di volermi bene, di credere in quello che sono anche se nessun altro crede in me, di andare avanti anche senza sentirmi al sicuro.
Chiudo gli occhi, faccio una valigia mentale, compro un biglietto sola andata e mi trasferisco in quella città che sa essere incantevolmente malinconica sotto la pioggia come meravigliosa quando si tinge di rosa, di rosso e di Primavera, quella città che ti fa sentire costantemente come la protagonista di un film d’altri tempi o sullo sfondo di un bellissimo quadro impressionista.

Sono quella che non ha paura di rispondere alla domanda “che fai nella vita?”.

Sono la persona che ho sempre sognato di essere.

Poi riapro gli occhi.

domenica 19 febbraio 2012


Mi sto trattenendo tantissimodallo scrivere post altamente deprimenti la cui lettura non sarebbe preferibile neppure alla visione del momento più trash di quest’ultimo Sanremo (grazie al cielo ieri era l’ultima puntata, si spera che le persone ritornino a parlare d’altro, ché pur non avendo – e non rimpiangendo affatto - la televisione mi sembra di non essermene persa un minuto dati i milioni di commenti al riguardo su twitter, facebook e quant’altro). 

La depressione chiama altra depressione, l’irritazione altra irritazione, e anche se odio me stessa, i miei capelli che non si sa come sono tornati neri e che io voglio biondi tipo in questo momento, le mie cosce gigantesche che vanno di pari passo col mio incontenibile amore per il cibo, i miei mille brufoli che quasi quasi invidio l’herpes di mia sorella, il gatto, i miei genitori, il mondo tutto, anche se è un periodo in cui piango per ogni minima stupidata che mi ricordi lui (ovvero qualsiasi cosa), anche se sono incredibilmente infelice, non ne parlerò (vabbè).

Un tempo, circa tre annetti fa (o meno? Chissà) presi la nobile quanto brillante decisione di smetterla di seguire mille telefilm dalla stupidità imbarazzante e concentrarmi soltanto su quei pochi stupidi-ma-non-troppo e più-o-meno-intelligenti. 
Tra i primi va ovviamente annoverato Gossip Girl. 
A un certo punto ho smesso semplicemente di farcela, non ricordo se per l’idiozia della trama o per l’odio nei confronti del detestabile personaggio di Serena, ma entrambe le motivazioni mi sembrano piuttosto valide e altamente plausibili. 
Poi boh, qualche mesetto fa mi è partito un video su youtube A DIR POCO shockante (…) in cui Dan baciava Blair (o meglio, Blair baciava un Dan non troppo intraprendente) e si sa che io ho un debole per le coppie che nascono improbabili, dai classici Pacey e Joey ai burrascosi ma adorabili Jess e Rory, passando per Veronica Mars e… ehm… Logan? Non ricordo, sta di fatto che insieme li amavo e adesso che mi sono tornati in mente potrei anche decidere di riguardarmi tutta la serie, tanto ho tempo da perdere, e insomma DOPO questo video ho mandato  all’aria tutti i buoni propositi fedelmente mantenuti per lunghissimo tempo, e sono stata costretta a riprendere a guardarlo (nonostante io sia ancora una fedele sostenitrice della coppia Blair&Chuck, nata anch’essa improbabile, tra l’altro).

Tralasciando il fatto che, dopo essermi sorbita mille puntate ancora più stupide di quanto potessi lontanamente immaginare, in cui l’odiosa Serena riesce a innamorarsi ottocento volte (ognuna indiscutibilmente diversa dalle altre per importanza, certo) e a sfoggiare capi sempre di minor consistenza e copertura (prima o poi rimarrà con più niente addosso e nessuno se ne stupirà, perché non sarà che l’inevitabile esito di un lungo processo portato avanti fin dalla prima serie) ed essere FINALMENTE giunta al bramato e sospirato bacio, nulla più accade al riguardo perché proprio grazie al bramato e sospirato bacio Blair si rende conto di essere ancora innamorata di Chuck (ma questo non era mai stato messo in discussione, STOLTA), tralasciando tutto questo (non mi sento presa in giro, no), mi sono innamorata dell’abbigliamento di Eva, l’adorabile parigina che Chuck si riporta a casa dopo l’estate in cui si crea una nuova identità per fuggire dal mondo che lo detesta, e che poi se ne va per un motivo idiota molto alla Gossip Girl, senza che lui si sogni di rincorrerla sebbene fino a un attimo prima le avesse dichiarato amore eterno e roba così.



Voglio quelle svolazzanti gonnelline a vita alta e quelle impalpabili camicette dai colori tenui.
Voglio i suoi perfetti e fluttuanti ma mai spettinati capelli biondi.
Voglio la sua affascinante aria ingenua, sperduta e incantevolmente francese.
Ecco, anche passeggiare per New York mano per la mano con Chuck Bass non sarebbe poi tanto male.
Ma io sono povera, brufolosa, inspiegabilmente nera e sembro idiota quando parlo nella mia lingua madre, figuriamoci in francese. Non posso permettermi le svolazzanti gonnelline e le impalpabili camicette, né tantomeno Chuck Bass.
Avrò il diritto di essere depressa, no?

lunedì 6 febbraio 2012

La mia mente è gestita da una mezza dozzina di omini altamente fastidiosi, monotematici e urlanti. Perlopiù sono soliti sbraitare costantemente "CIBO!" e a intervalli regolari "SHOPPING!", ma ogni tanto si fissano con qualcosa di più specifico e vi indirizzano ogni mio pensiero, gesto e parola, ostacolando la mia concentrazione e impedendomi di formulare frasi di senso compiuto e di partecipare a conversazioni che trattano un diverso argomento.
Ormai da giorni non fanno che urlare "CASA NUOVA!" e tutto ciò che ne consegue. Cibo e shopping sono ancora in cima ai miei pensieri, stavolta in termini di "cosa farò quando mi troverò costretta a scegliere tra un nuovo vestitino/paio di scarpe/modello di borsa e la cena?" (il che mi fa pensare sia il momento adatto per contemplare seriamente la possibilità di una dieta), ma non mancano le riflessioni sul tempo che mi sarà necessario per arrivare in ufficio la mattina, sulla migliore postazione per il nostro primo albero di Natale (quantomai premature e pertanto vagamente inquietanti) e su altre questioni fondamentali tipo il colore degli asciugamani per il bagno.
Ho preso alcune decisioni di indiscutibile rilevanza:
- Tornerò bionda, perché non potrò più permettermi di scialacquare il mio stipendio in tinte.
- Assumerò sembianze scimmiesche perché non potrò permettermi neanche la ceretta dall'estetista.
- Sarò costretta a comprare tre-quattro pigiami in quanto quelli che sfoggio abitualmente in casa provocherebbero seri danni alla vista dei miei coinquilini.
- Accanto allo scaffale su cui ostenterò la mia meravigliosa collezione austeniana e non, appenderò questo:


Penso che opterò per lo sfondo rosa cipria, però.

sabato 4 febbraio 2012

Nuovi inizi (di nuovo)

Dimentichiamoci di ciò che ha già smesso di brillare da tempo (certe citazioni shakespeariane non andrebbero rilette alle due di notte. Neppure dopo un anno e mezzo. Soprattutto dopo una settimana così, in cui grazie a Splinder ho avuto modo di ricordare distintamente cos'è che luccicava tanto, com'è che ha lasciato un vuoto simile). Dimentichiamo il malumore fin troppo radicato degli ultimi tempi (degli ultimi mesi, degli ultimi anni, di quel che è), delle reazioni eccessive o della totale sconcertante assenza di reazioni, delle scelte drammaticamente sbagliate e terribilmente definitive (se la mia vita fosse un romanzo dovrebbe avere un titolo simile a questo), della solitudine alienante. Poniamole da parte quel tanto che basta per apparire una persona normale ed emotivamente stabile, almeno. Ché io lo voglio, un blog di quelli in cui si parla di tutto in maniera fondamentalmente leggera, dove non devo vergognarmi dei miei pensieri patetici e delle mie riflessioni vittimistiche.
Allora proviamoci, su.